Questa storia ha inizio venerdì 6 febbraio 1880, tre anni dopo la morte di Innocenzo Manzetti.
Quel giorno, la tranquilla città di Aosta fu movimentata dall’arrivo di una diligenza su cui trovavano posto due stranieri: si trattava dei signori Max Meyer ed Horace Hamline Eldred.
Il primo era con tutta probabilità un banchiere tedesco, mentre l’altro era un americano, un manager della compagnia telefonica di Alexander Graham Bell.
Eldred era arrivato in Valle d’Aosta con lo specifico intento di acquisire tutto ciò che concerneva l’invenzione del telefono Manzetti. Anzi, egli era giunto in Europa con il progetto di rilevare anche gli eventuali diritti di altri pionieri della telefonia; tra cui quelli di Reis e forse quelli di Bourseul.
Qualche settimana prima, precisamente il 19 dicembre 1879, Eldred era stato nominato Presidente della Bell Telephone Company per il Missouri. E’ quindi plausibile che lo stesso Bell lo avesse incaricato di far “sparire” tutto ciò che riguardava le invenzioni fatte prima della sua e che lui ebbe modo di brevettare nel 1876. Comportamento poco ortodosso che forse gli era stato suggerito dall’insorgere fin dal 1878 delle prime cause giudiziarie che stavano nascendo per la priorità dell’invenzione.
Per Bell, dunque, era diventato di fondamentale importanza appropriarsi delle idee di quegli inventori che avrebbero potuto mettere a repentaglio la credibilità del suo lavoro e di conseguenza anche la legittimità del suo brevetto e, non ultima, la redditività delle sue imprese.
Scesi dalla diligenza ad Aosta nella centrale piazza Carlo Alberto, i due stranieri si precipitarono immediatamente dalla vedova Rosa Anzola Manzetti, per convincerla a cedere i progetti, i disegni e soprattutto ogni diritto che possedeva sulla proprietà intellettuale del lavoro di suo marito in merito al telefono. Eldred le aveva assicurato che una volta rientrato in patria avrebbe fatto di tutto per far riconoscere dalla Corte Suprema degli Stati Uniti la priorità di Manzetti nell’invenzione del telefono. Se fosse riuscito, non solo avrebbe reso famoso per sempre l’inventore valdostano, ma le avrebbe anche corrisposto (in quanto erede universale) l’ingente somma di 10.000 lire.Al fratello Luigi Manzetti (al quale Innocenzo aveva lasciato in legato alcuni prototipi dei suoi telefoni e i relativi studi), Eldred propose lo stesso contratto, ma per una somma dimezzata, vale a dire per 5.000 lire.
Dopo non poche indecisioni, anche su consiglio dell’amico canonico Bérard, Rosa e Luigi decisero di acconsentire alle pressanti richieste dei due stranieri.
Il tutto fu pattuito con atti rogati presso il notaio César Grognon di Aosta il 7 febbraio 1880.
Di seguito, il contenuto (tradotto dal francese) dell’atto di cessione stipulato con la moglie di Manzetti; il documento è oggi conservato presso l'Archivio Notarile Distrettuale di Aosta.
Ad Aosta, il 7 febbraio 1880 si sono presentati dinnanzi a me, notaio Grognon, la signora Anzola Maria Rosa vedova del geometra-meccanico Manzetti Innocenzo, e il signor Max Meyer fu Michel professore di lingue nato a Meiningen (Germania) ma residente a Parigi e cittadino naturalizzato degli Stati Uniti d’America, che qui agisce tanto a nome proprio che a nome del signor Horace H. Eldred fu Ithiel, direttore dei telegrafi, nato a New York, Stati Uniti d’America, dove è cittadino e domiciliato.
I quali contraenti hanno stabilito le seguenti pattuizioni:
la signora Manzetti acconsente a consegnare, vendere e trasferire e con il presente atto consegna, vende e trasferisce tutti i suoi diritti, titoli e interessi sulle invenzioni relative al telefono e telegrafo - non importa di quale natura - (toutes les inventions en rapport au téléphone et télégraphe de n'importe quelle nature) creato dal marito Innocenzo Manzetti, istituendo i signori Meyer ed Eldred quali suoi mandatari, dotati di pieni ed irrevocabili poteri affinché pongano in essere tutti gli atti necessari nel campo della telefonia; ottenuti i brevetti, essi avranno diritto di appropriarsene e di esercitarli in qualità di unici titolari.
La signora Manzetti, se sarà reputato necessario dai cessionari, acconsente a recarsi personalmente in America per testimoniare nei processi che potrebbero avere luogo in relazione alla concessione del brevetto e tutte le spese necessarie le saranno rimborsate dai cessionari.
Meyer ed Eldred acconsentono e si obbligano a pagare alla parte cedente la somma di diecimila lire, non appena sarà provato che Manzetti fu il primo inventore del telefono o del metodo di trasmettere e di ricevere la parola tramite l’elettricità sui fili telegrafici.
Tali somma sarà pagata entro trenta giorni dopo che saranno ottenuti i diritti di priorità dell’invenzione del telefono-telegrafo e che questi diritti saranno provati e sostenuti davanti alle corti statunitensi; tale pagamento si farà ad Aosta nel domicilio della cedente.
E’ espressamente convenuto che nel caso in cui i cessionari Meyer ed Eldred non potessero ottenere dalle autorità competenti tali brevetti, questo atto non avrà effetti e sarà considerato come non avvenuto.
Grazie a tale accordo i due stranieri ottennero la consegna di tutto il patrimonio scientifico del defunto: apparecchi, istrumenti, carte, manoscritti, memorie, giornali, riviste; appena siglato l’atto, Eldred volò via subito col telefono (uno degli oggetti conservati dal fratello Luigi), che evidentemente era l’oggetto che più lo interessava.
Inutile dire che dei due stranieri ad Aosta non si seppe più nulla di concreto.
L’esito “finanziario” della vicenda per i due eredi di Innocenzo furono purtroppo quelli temuti. Al posto delle ingenti somme promesse davanti al notaio Grognon si dovettero accontentare delle somme pagate loro in quei giorni di febbraio 1880: 30 lire la vedova e qualche centinaio di lire il fratello Luigi (in pratica il prezzo di uno dei rari telefoni Manzetti allora ancora in circolazione).
Per l'americano Eldred, invece, gli esiti di quella visita ad Aosta furono ben differenti...