La trasmissione del suono a distanza (1843-1849)
Manzetti cominciò presto ad interessarsi della possibilità di trasmettere il suono a distanza, probabilmente con l’obiettivo principale di “far parlare” il suo automa che aveva costruito fin dal 1840. Sperimentazioni in questo campo furono tentate già nel 1843, allorché il 27 settembre Innocenzo provò a compiere in Aosta un esperimento vero e proprio. Tramite due cappelli a gibus collegati ciascuno all’estremità di un cavo, riuscì a trasmettere la parola lungo una distanza di 400 metri.
Non è chiaro, però, se tutto ciò fosse avvenuto con l’ausilio della forza elettrica.
Incuriosito dalle nuove scoperte dell'epoca, soprattutto dalla nuova teoria sull'induzione elettromagnetica (la legge di Faraday, scoperta nel 1831), Manzetti concentrò i suoi sforzi in questo campo. La forza elettrica gli sembrava, infatti, il giusto mezzo da sfruttare: potenza ed efficacia.
La trasmissione del suono per via elettrica (1849-1852)
Fu così che, dopo le prove dei primi anni Quaranta, ne seguirono altre. Risultati molto concreti sono rintracciabili fin dal 1849, anno a cui risale una sua memoria scritta sulla trasmissione del suono per mezzo dell’elettricità. Tanto che poco tempo dopo, ossia nel 1850, Manzetti poté compiere un esperimento che consolidò ulteriormente i suoi propositi: provò con successo un rudimentale collegamento su di un percorso di oltre mezzo chilometro. La “prima linea telefonica” si snodava nel tratto che andava dal Seminario dei Cappuccini fino all’imbocco di via Xavier de Maistre. La prova ebbe pieno successo. Ora Manzetti avrebbe potuto finalmente trasmettere la parola al suo automa.
Nel 1851 l’allora venticinquenne Innocenzo ebbe la possibilità di visitare le meravigliose invenzioni e le proposte tecnologiche ospitate al Crystal Palace di Londra. Con il rientro ad Aosta, per Manzetti cominciò una nuova ed entusiasmante fase della sua ricerca. L’ambiente inglese e le meraviglie della tecnica che aveva avuto modo di vedere furono determinanti nel dare un’ulteriore spinta ai suoi stimoli.
Perfezionò, dunque, il suo automa e anche il suo telefono tanto che suo fratello Ananie-Joseph, partito da Aosta nel 1852, quasi con rammarico non poté più seguirne gli sviluppi: proprio lui che nel 1850 era stato la levatrice, o meglio il medico ostetrico, che ha visto nascere il telefono.
Il perfezionamento del telefono (1852-1864)
Gli esperimenti sulla trasmissione elettrica della voce a distanza, dunque, procedettero intrecciandosi spesso con la fase di miglioramento dell’automa.
Il 1861 fu l’anno della svolta: è in quell’anno, infatti, che secondo diversi testimoni sarebbe riuscito a trasmettere la voce per via elettrica sino a due chilometri di distanza.
Negli anni successivi, Manzetti perfezionò ulteriormente il suo apparecchio telefonico, arrivando ad ultimarlo nel 1864. Fu in un giorno di quell’anno, infatti, che l’inventore consegnò all’amico Bérard una delle due cornette e gli chiese di allontanarsi, quindi gli consigliò di avvicinare lo strumento all’orecchio e cominciò a parlare dentro il proprio cornetto.
“Mi disse tante cose di cui non ho conservato il ricordo, ma ne rammento una: Edouard, ci senti? Gli esperimenti si eseguirono dapprima da una camera all’altra dell’abitazione del Manzetti, poi dall’uno all’altro piano, dalle soffitte alle cantine, indi all’aria aperta, a 500, a 1000, a 2000 metri di distanza, ed i risultati erano sempre soddisfacenti.
Nei primi giorni di agosto del 1864, l’ex ministro della Pubblica Istruzione Matteucci, di passaggio ad Aosta, ebbe modo di provare il telefono Manzetti. Il notabile ne rimase meravigliato, sebbene espresse più di un dubbio sulle possibilità di successo di un apparecchio simile, perché avrebbe potuto favorire la cospirazione contro lo Stato; l’assenza di un operatore intermedio come avveniva con il telegrafo, infatti, avrebbe reso incontrollabili le comunicazioni tra le persone.